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domenica 11 giugno 2006

Che non mi hai fatto donna

Benedetto Sii Tu oh Signore D. nostro Re del Mondo, che non mi ha fatto donna

Uno dei “cavalli di battaglia” di coloro che vogliono sostenere il maschilismo della Torà, è questa benedizione che compare nelle birkot hashachar, le benedizioni che si recitano la mattina e che sono la prima parte di quelle cento benedizioni sulla quali si edifica la giornata dell’ebreo. È in effetti quanto meno curioso, che a fianco di benedizioni il cui senso è di immediata comprensione come “che non mi ha fatto schiavo”, compaia un ringraziamento a D. per non avermi fatto donna. Il discorso è reso più complesso dal fatto che nel rito italiano non compare la formula negativa per la benedizione dell’appartenenza nazionale “che non mi ha fatto goi”, quanto una formula positiva “che mi ha fatto Israel”. Per la benedizione sul nostro sesso, le donne dicono positivamente: “che mi ha fatto a Sua Volontà”. Vorrei proporre una lettura un po’ diversa di questa benedizione riflettendo su un’altra coppia di benedizioni: quelle che si recitano per notizie ed occasioni liete e tristi. Per le buone notizie e per le liete occasioni si dice: “che è buono e fa del bene” e per le cattive notizie e le tristi occasioni: “Giudice di verità”. I Saggi ci dicono nella Ghemarà che in futuro, con la redenzione, la formula “Giudice di verità” verrà soppressa e per ogni occasione si dirà “che è buono e fa del bene”. I Maestri del Mussar, elaborano questa affermazione dicendo che le benedizioni, così come sono oggi rispecchiano la percezione umana della realtà. “Ogni cosa che fa il Misericordioso la fa in bene” dicono i Saggi, e dal punto di vista Divino non c’è distinzione alcuna tra ciò che noi percepiamo come evento positivo o come evento negativo. Ogni evento, in quanto interazione di D. con il Suo mondo non può che provocare la Santificazione del Nome di D., a volte in modo che noi vediamo come positivo, a volte, D. non voglia, in modo che noi vediamo come negativo o tragico. Secondo i Maestri del Mussar ciò che cambierà in futuro sarà la nostra percezione. Saremo finalmente giunti ad un livello tale dal poter dire, in ogni caso che D. “è buono e fa del bene”. La Torà conosce l’animo dell’uomo e non ci richiede di dire una cosa che è contraria totalmente alla nostra percezione. Del resto vi immaginate una persona alla quale accade una disgrazia che dice “che è buono e fa del bene”? A me pare che qui ci sia un grande insegnamento sulla natura maschile e femminile. Uomo e donna hanno nella Torà pari dignità, diritti ed importanza nella fondamentale differenza dei loro ruoli. È innegabile che per certi versi il compito della donna è più gravoso ed è meno, apparentemente, gratificante. Ed è innegabile che questo è quanto scrive il sottoscritto da un punto di vista maschile, per quanto ben disposto e che cerca di essere equilibrato. Così anche i Saggi ci dicono che il mondo non può sussistere senza maschi e femmine, e nonostante ciò, beato chi ha figli maschi e guai a chi ha figlie femmine. L’uomo, il maschio, non comprende fino in fondo il ruolo della donna. Ne vede i lati “negativi” o gravosi o parlando dal punto di vista maschile poco gratificanti. Ed è il punto di vista maschile che benedice coerentemente “che non mi ha fatto donna”. Ci vuole la binà yetirà, l’intelligenza superiore che Iddio ha dato alle donne, per dire “che mi ha fatto secondo la Sua Volontà”. Ragioniamoci un istante: non sarebbe più profondo ringraziare Iddio in ogni caso per avermi fatto secondo la Sua Volontà? C’è un mondo dietro questa benedizione. L’accettazione della Volontà di D. come superiore ad ogni valutazione umana, la totale sottomissione della nostra natura alla Volontà di D. etc. Ma questo solo le donne lo possono capire fino in fondo. Noi uomini, giustamente, non possiamo che vedere le cose da uomini e benedire “che non mi ha fatto donna.” Forse è per questo che la prima delle sette benedizioni con cui si benedicono gli sposi ( dopo quella sul vino) è quella che dice “che tutto Ha Creato a Sua Gloria”. Quasi a ricordare a uomini e donne nel momento in cui si riuniscono tornando a quel essere unico che fu Creato dal Signore, che in questa disputa “halachica” tra uomini e donne, ognuno esce d’obbligo con la propria benedizione, ma che forse in futuro diremo tutti “che mi ha fatto secondo la Sua Volontà”.

Perchè questo blog

L'avventura di www.torah.it è iniziata quasi dieci anni fa. Avevo appena iniziato l'università a Beer Sheva e sentivo molto la mancanza dei miei amici con i quali comunicavo soprattutto per posta elettronica. Questa nostalgia si faceva generalmente più acuta con l'avvicinarsi dello Shabbat e così gran parte della mia corrispondenza erano messaggi di Shabbat Shalom che ben presto si fecero monotoni. Pensai allora che il miglior modo per augurare un buon Shabbat alle persone a me vicine era quello di condividere con loro un po' della Torà che avevo studiato nel corso della settimana: nacque così la derashà sulla Parashat Hashavua. Nel corso degli anni successivi il formato della derashà è cresciuto di pari passo con la mia maturazione ed anche la sua lunghezza si è modificata notevolmente nel formato di 5-6 pagine che i lettori conoscono. E' un formato che si è sviluppato negli anni di università e nei primi anni lavorativi nei quali avevo più tempo da dedicare allo studio ed alla sua rielaborazione per Torah.it . Da alcuni mesi, lo avrete notato, non scrivo più con la stessa frequenza e l'invio settimanale molto, troppo spesso, è di derashot scritte negli anni passati. Purtroppo e fortunatamente i molteplici impegni di un baal bait, la famiglia ed il lavoro, difficilmente si conciliano con l'impegno che il formato di derashà che avete conosciuto fino ad ora richiede. Da tempo, mio padre (che cura le edizioni del sito e delle derashot) ed io ci interroghiamo su come proporre un formato nuovo ai lettori di Torah.it. Abbiamo deciso di provare il blog per due ragioni fondamentali: la prima è che ciò che più conta nello studio della Torà è la frequenza. Likvoa Itim la Torà, stabilire dei momenti per la Torà. Ed il blog ci è sembrato, vista la sua naturale conformazione di diario, la migliore opzione. Questo anche perchè, e siamo alla seconda ragione, il blog nasce per condividere contenuti in rete e questo è esattamente ciò che Torah.it vuole fare. Non abbiamo mai avuto la presunzione di poter insegnare perchè non ne abbiamo né le capacità né tanto meno i titoli, ma possiamo studiare in gruppo. La Torà va studiata in gruppo e se la vita moderna ci rende troppo spesso distanti dal Bet Hammidrash, abbiamo uno strumento di condivisione, Internet, che pur non supplendo alle mura del Bet Hammidrash, è certamente da preferire alla solitudine nello studio. Questo blog cercherà di essere questo: un diario del mio studio della Torà nel quale, se vorrete, potrete intervenire con i vostri commenti. Ovviamente continueremo a mandare settimanalmente la derashà sulla Parashat HaShavua che rimane il perno di Torah.it e speriamo anche, con l'aiuto di D., di poter scrivere derashot "complete"come in passato. A presto allora sul blog di Torah.it.