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domenica 24 maggio 2009

La santità del percorso

Oggi, Rosh Chodesh Sivan, è il giorno nel quale entriamo nel deserto del Sinai e ci prepariamo a ricevere la Torà. Abbiamo davanti a noi gli ultimi giorni di quel conto - la Sefitat HaOmer - che ci conduce da Pesach a Shavuot.

Rav Mordechai Elon shlita, sottolinea come esistano due tipi di sefirot - di conti, entrambi esposti nel libro di Vajkrà che abbiamo appena completato. Il primo gruppo è legato al conto dei giorni del processo di purificazione. L'unico esempio che abbiamo al giorno d'oggi è la purificazione della donna dopo il suo ciclo (o dopo il parto). Quando esisteva il Santuario però c'erano altre persone impure il cui processo di purificazione implicava il conto di un determinato numero di giorni. In questi casi il conto è strumentale. Non esiste il precetto di contare: la donna deve sapere in che giorno si trova dei suoi shivà nekiim, i sette giorni puliti, ma non è tenuta a contare espressamente ne tanto meno a benedire. Non c'è mizvà di contare. C'è la mizvà di purificarsi e questo non è possibile senza che passino sette giorni.

Al contrario esistono due tipi di conto di mizvà: il conto dell'omer appunto, ed il conto degli anni del ciclo giubilare. Nel primo caso la mizvà è individuale, nel secondo è collettiva e viene adempiuta dal Tribunale.

Il percorso che ci apprestiamo a completare in questi giorni è allora un percorso di mizvà. Non è un passaggio strumentale. I quarantanove giorni dell'Omer non sono una sala d'attesa nella quale aspettiamo. Sono un percorso nel quale cresciamo ed attraverso il quale ci avviciniamo alla Torà. In questo senso spiega Rav Elon, il conto dell'Omer è assolutamente in controtendenza rispetto alla nostra società del risultato, qui ed adesso. La sefirat haOmer, ci insegna l'importanza del percorso. Noi siamo abituati a pensare che ciò che conta è il risultato. Il contare i giorni dell'Omer ci insegna che la strada non è meno importante. Non è mezzo, ma fine anche essa.

Così è appunto per lo studio della Torà. Non conta quanto abbiamo appreso, non importa quanto abbiamo capito: conta quanto ci siamo sforzati. La strada conta più del luogo nel quale si è diretti.

Capiamo allora quanto dicono i nostri Saggi, che il ruolo della strada è quello di studiarvici Torà.
E' sì un chiaro riferimento alle parole dello Shemà, ma è anche un profondo insegnamento sul fatto che la Torà e la strada necessitano la comprensione dell'importanza del percorso. Ed è per questo che la richiesta di Moshè di posticipare il dono della Torà di un giorno - per completare il percorso - viene accolta. Perché il percorso verso la Torà equivale alla Torà stessa.