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martedì 21 aprile 2009

In equilibrio sulla sottile linea della santità

Dopo averci dato le regole della kasherut, dei cibi permessi e quelli proibiti, degli animali puri e quelli impuri, la Torà si occupa nella nostra doppia Parashà di Tazria-Mezorà della purità ed impurità dell'uomo. Di particolare interesse è l'impurità relativa alla zaraat, malattia della pelle che secondo i nostri Maestri colpisce come punizione per la maldicenza.

Uno dei più grandi Maestri del Mussar, Rabbì Israel Salant, spiega che la prossimità tra le regole della kasherut e quelle della zaraat, viene proprio a rimproverarci il fatto che mentre la maggior parte delle persone è attenta alle regole della kasherut controllando ogni cosa "settantasette volte", pochi stanno attenti a non disprezzare il prossimo ed anzi lo 'masticano ed ingoiano vivo'.

Questo forte richiamo alla coerenza è particolarmente importante dopo i 'rigori alimentari' della festa di Pesach. I rigori vanno bene purché siano genuini e ragionevolmente distribuiti sui vari precetti della Torà. Non va bene quando si è estremamente rigorosi su una cosa, per poi trascurare completamente un altra mizvà.

L'abuso della parola, di cui la nostra generazione è maestra, è un problema enorme. La Torà regola la parola non meno di quanto faccia per il cibo. Curioso poi, dice Rav Mordechai Elon shlita, che spesso, troppo spesso, il rigore è legato proprio a mancanze nei rapporti orizzontali. Ed allora non cerco la certificazione più rigorosa di un prodotto in quanto tale, ma perché 'quell'altra -la tua- non va bene.'

Proprio la cerimonia di purificazione dalla zaraat, offre un interessante approccio su come si sana questa situazione. Tra tutti coloro che si purificano dai diversi tipi di impurità, colui che si purifica dalla zaraat, stride per la collocazione geografica della sua cerimonia. E' infatti l'unico che ha il permesso di stare presso la porta di Nikanor, la porta che separa il cortile interno, la azarà, da quello esterno l'ezrat nashim che ha un minore grado di santità. Nel corso della cerimonia questi deve allungare mani e piedi all'interno della azarà , pur restandone fuori (è ancora impuro) per ricevere su questi l'aspersione del sangue sacrificale dal parte del Coen. In pratica la Torà lo ha avvicinato quanto più possibile al sacro.

È spiegato in Majanà shel Torà che costui si è venuto a purificare ed ha già fatto teshuvà e per questo gli viene aperta una nuova porta, secondo il principio caro ai nostri Maestri che è talmente grande la teshuvà che Iddio benedetto è disposto persino a fare un buco nel Suo trono per riceverla.

È questa una affascinante visione di colui che vine a purificarsi sospeso sulla linea che c'è tra il sacro ed il profano in uno dei punti chiave del Santuario - la porta di Nikanor - che è appunto simbolica del nostro accesso al servizio Divino. È proprio questa la porta a cui ci riferiamo ogni volta in cui parliamo di neilat shearim. Ce lo figuriamo così, in un equilibrio precario che è simbolico del precario equilibrio spirituale di chi ha mancato. Cionondimeno è proprio questo gesto - il tendere le mani - dal profano al sacro che segnala il ricongiungimento dei due mondi separati dalla porta di Nikanor e la rinnovata purità del maldicente.

Nella visione di Ezechiele del terzo Santuario, possa essere ricostruito presto ed ai nostri giorni, la porta del cortile interno resta chiusa nei giorni della settimana, mentre viene aperta di Shabbat e nei Rashè Chodashim. Secondo lo Sfat Emet è questo un richiamo al fatto che la sacralità della giornata offre l'opportunità di un rinnovato rapporto tra l'uomo ed il suo Creatore. Proprio come una porta che improvvisamente si apre.

E quando Shabbat e Rosh Codesh coincidono nella stessa giornata, allora questa apertura si fa ancora più profonda e la doppia luce spirituale delle due giornate diviene gemella in santità, nelle parole del piut con cui gli ebrei italiani accompagnano questa giornata.

Questo Shabbat è anche Rosh Chodesh Yiar, il mese di coloro che si sono purificati. Di coloro che non avevano potuto fare Pesach, perché erano impuri o lontani e che hanno una seconda opportunità nel Pesach Shenì. La nostra generazione ha meritato di passare proprio nel mese di Yiar dalla lontananza alla vicinanza con il rimpatrio degli esiliati e la costituzione dello Stato d'Israele. Possa questo mese di Yiar che si rinnova su di noi e su tutta la Casa d'Israele in pace benedizione essere anche il mese della ritrovata purificazione, della solidarietà e dei buoni rapporti tra tutti noi.

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