Pagine

venerdì 3 aprile 2009

Karpas - imparare a mangiare

Uno dei momenti più "strani" della sera del Seder è senza dubbio il Karpas.  Subito dopo il Kidush, prima ancora di iniziare ad adempiere al precetto positivo della Torà di narrare l'uscita dall'Egitto, ci laviamo le mani (Urchaz) e mangiamo un pezzetto di sedano intinto nell'aceto (secondo altri in acqua salata).  Prima di mangiarlo, ovviamente, recitiamo la benedizione dei frutti della terra.  E' una cosa stranissima che apparentemente non ha nulla a che vedere con il cerimoniale della sera. Ma ancora più strano è il fatto che prima di mangiare una verdura intinta in un liquido ci laviamo le mani. Si tratta di un antico rigore non universalmente accettato che in  questa serata speciale viene "rispolverato" proprio a questo punto. Da notare che questa stranezza scatena una serie di domande, in parte sollevate anche nel Ma Nishnanà.

Rav Mordechai Elon shlita, nella sua Haggadat Techelet Mordechai,  elenca quattro stranezze relative al Karpas. 

  • Il problema della netillat yadaim.
  • Come mai, ammesso che ci voglia la netillat yadaim, il karpas è così importante da dedicargli uno dei simanim,  una delle "stazioni" nelle quali il Seder è suddiviso?
  • Ci sono diversi usi riguardo se si debba o meno reclinarsi per il karpas come per gli altri elementi chaive del Seder. Alcuni sostengono di no, perchè anche il karpas potrebbe avere delle allusioni alla particolare durezza della schiavitù.  Quelli che invece si reclinano perchè si reclinano?
  • Perché a differenza delle altre sera mangiamo qualcosa prima della benedizione del pane?

Rav Elon risponde che la soluzione a queste domande è da ricercare nel fatto che il karpas viene a sottolineare il fatto che in questa serata siamo tutti principi. L'uso, all'epoca della Mishnà e del Talmud, era che le persone benestanti aprivano il loro pasto con un antipasto simile al karpas.  Era un modo per stuzzicare l'appetito per persone che avrebbero poi avuto un lauto pasto. I poveri e gli schiavi invece non scherzano davvero con il loro stomaco.  Rav Hisda ricorda in Shabbat 140b che, memore di quando era povero e non poteva permettersi un tale aperitivo, anche quando divenne benestante non accettò mai questa consuetudine nel resto dei giorni dell'anno.

Ma la sera di Pesach siamo tutti principi, tutti benestanti, tutti liberi. E lo segnaliamo comportandoci come tali: mangiando il karpas.  Rav Elon spiega che uno dei percorsi particolari di questa serata è la consacrazione di quanto mangiamo. Mai nel corso dell'anno,  recitiamo benedizioni 'al achilat', ossia che ci hai comandato di mangiare. Il precetto di mangiare qualcosa era frequente nel Santuario. Ma nel nostro mondo solo a Pesach siamo comandati di mangiare qualcosa e su questa recitiamo una benedizione "che ci hai comandato".  La sera del Seder è allora il momento in cui riscopriamo il rapporto sacrale con l'alimentazione. Mangiamo qualcosa (la mazzà ed il maror, in assenza purtroppo del korban) perchè è mizvà. Non per saziarci. Perché è mizvà. La radice della vera libertà spiega Rav Elon è mangiare qualcosa esclusivamente perché è mizvà. Cerchiamo di capire bene quello che ci sta dicendo Rav Elon: se c'è una sera nella quale non è che si mangi proprio presto è quella di Pesach. Arriviamo alla cena molto più tardi rispetto al solito, perché questa è solo a metà del Seder (e conosciamo tutti le proteste ed il sarcasmo che ciò scatena nel rashà). Quando uno mangia tardi ha fame. Vengono i maestri e dicono: inizia il seder stimolando la fame. Aumenta la fame che hai. Si deve arrivare affamati alla mazzà: per questo non si deve mangiare tanto nemmeno a pranzo. Per arrivare affamati alla mazzà. E quando sei affamato, e vorresti solo qualcosa da mettere sotto i denti, quello è il momento in cui devi mangiare - solo ed esclusivamente - perché è mizvà. Questa è la libertà. Lo staccarsi dai vincoli della materia, santificando la materia e trasformandola in puro strumento di mizvà. Non mangio perché ho fame. Mangio perché è mizvà. Ed è mizvà avere fame per mangiare la mazzat mizvà. Questa è la sera nella quale proviamo a ricomporre la trasgressione di Adam HaRishon che era stato comandato di mangiare.

"Il Signore Iddio ordinò all'uomo dicendo: da ogni albero del giardino 'mangiare' mangerai." (Genesi II,16)

[abbiamo approfondito il senso di questo verso nella derashà di Bereshit del 5760  http://digilander.libero.it/parasha/archivio%2060/6001.htm ]

Adam aveva ricevuto il precetto di mangiare. Ed abbiamo visto in passato che proprio la sua incapacità di mangiare perché è mizvà (e sopratutto l'incapacità di comunicare ciò a Havvà) provoca l'alimentazione proibita dall'albero della conoscienza.  Se non si sa mangiare perché è mizvà, dice Rav Elon, si finisce per mangiare perché il serpente,  l'istinto del male, ci spinge a farlo.

Questo è quello che cerchiamo di aggiustare la sera del Seder. Mangiamo ciò che siamo comandati di mangiare e non mangiamo il chamez, proibito a Pesach.  Innalziamo il cibo, la più materiale delle esigenze umane ad atto sacro. Come si fa ad arrivare a questo livello? Attraverso la netillat yadim. La purificazione è ciò che innalza la meteria. Prima di kadesh, non serve lavarsi le mani. Le parole, le idee, lo spirito, non possono divenire impure. Ma la materia si. E per innalzare la materia, proprio in questa serata, dobbiamo lavarci le mani. Ed allora urchaz prima di karpas.  Adam sbaglia quando comunica a Chavvà solo il divieto, non fornendole gli strumenti positivi per servire Iddio con l'azione. Ed è proprio la comunicazione della mizvà, che assieme alla mizvà stessa ci accompagna in questa serata. Stasera non basta mangiare perché è mizvà.  Si deve saperlo narrare ai figli, alle moglie ed a se stessi.

Nessun commento:

Posta un commento