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mercoledì 25 marzo 2009

Un Capretto ed El Norà Alilà

È con grande sorpresa che quest'anno, insegnando a mia figlia 'Un capretto, Un capretto', la versione degli ebrei romani per il tradizionale Chad Gadià, che conclude il Seder di Pesach ho notato una cosa che mi era sempre sfuggita.

La prima strofa del Capretto è cantata con la stessa identica musica di El Norà Alilà, la composizione con la quale si introduce la preghiera conclusiva del giorno di Kippur.

Chi ha un minimo di dimestichezza con le musiche degli ebrei romani (ma anche degli altri riti) saprà che quando si usa una stessa musica non è per coincidenza. C'è un messaggio sotto traccia che va ricercato.

Ho sentito dire una volta da Rav Morechai Elon shlita che noi dovremmo studiare i pyutim, le composizioni poetiche che accompagnano la nostra liturgia, con la stessa serietà con cui studiamo il resto degli scritti dei nostri Maestri.

Ma che nesso c'è tra il Capretto ed El Norà Alilà?

In primo luogo entrambi concludono un momento importante: da una parte il giorno di Kippur, dall'altra il Seder di Pesach. La chiusura delle porte del Santuario, alla quale El Norà Alilà, segnalava la conclusione della giornata nel Santuario e conseguentemente la conclusione delle cerimonie del Kippur. Allo stesso modo si usa cantare il Capretto nel momento in cui si è terminato il cerimoniale del Seder.

I due canti sono fondamentalmente due affermazioni di fiducia nella salvezza del Santo Benedetto Egli Sia. Il Capretto ruota attorno alla salvezza d'Israele dagli oppressori e dalle nazioni che hanno cercato di annientarci. El Norà Alilà ruota attorno alla salvezza ed il perdono Divino per le nostre trasgressioni; la salvezza del nostro mondo interiore.

Paradossalmente a Kippur subito dopo la Neilà si mangia. A Pesach subito dopo il Seder, non si mangia fino all'indomani per preservare in bocca il sapore del Afikomen. (e del Korban quando c'era).

Un altro interessante paradosso è che nel Capretto si parla anche di Kippur ed in El Norà Alilà si parla anche di Pesach. Una delle letture della parabola del Capretto vuole che Israele sia il capretto che il Padre, il Signore ha acquistato per due zuzè, per due monete che rappresentano le due Tavole. Il kinjan, la proprietà che D. esercita su Israele è sancita dalla Torà. Ma Kippur è proprio il giorno delle seconde Tavole. Il giorno del vero Matan Torà. Il capretto ci richiama anche al capro - o meglio ai capri - di Kippur. Due capri identici uno per il Signore ed uno da mandare ad Azazel. Due capri identici come erano identiche secondo il Talmud le due Tavole. Come sono identiche due monete - che nell'antichità erano tra i pochissimi oggetti ad essere fabbricati in maniera identica. Anche El Norà Alilà, che verte sul perdono, si conclude con un richiamo alla gheulà, alla redenzione che celebriamo proprio a Pesach.

Dal punto di vista liturgico Pesach e Kippur sono i due momenti chiave del culto nel Santuario. Il cerimoniale di Kippur ruota attorno ad un uomo solo, il Sommo Sacerdote. Kippur è un giorno al singolare. Yomà. Il giorno. Secondo i Maestri, spiritualmente, il primo giorno della Creazione in cui il Signore era solo. Kippur è il giorno dell'introspezione. A Pesach anche c'è un gran da fare al Santuario ma al contrario nella molteplicità. Tutto Israele presenta il suo Pesach. Ogni nucleo familiare presenta il suo Korban. Neppure tutti assieme. In tre separate cerimonie, con tre gruppi. E' tutto multiplo a Pesach. Le kitot, ossia i gruppi, i figli, i bicchieri di vino fino alle piaghe con le quali i Maestri 'giocano' alle moltiplicazioni durante il Seder. Appena prima del Capretto continuiamo a 'giocare' con i numeri con 'Uno chi sa?'.

La Mishnà nel trattato di Pesachim (V,5) prevede che tra ognuna delle tre cerimonie del Pesach si faccia la neilat Shearim. Si chiudano le porte della azarà, del cortile interno. Esattamente come alla fine della giornata, nel momento che celebriamo con El Norà Alilà.

Anche qui il rapporto è rovesciato. Quando avviene la neilat shearim, alla sera, significa che tutti sono usciti. Tutti fuori. Resatano solo i Coanim di guardia. Quando Kippur finisce e si chiudono le porte, torniamo tutti fuori, nel mondo reale. La Torà dice che a Kippur escono tutti. Persino gli angeli non possono entrare nel Santo quando entra il Coen.

La neilat shearim di Pesach è esattamente il contrario. Tutti dentro. Il Talmud dice che le porte si chiudevano miracolosamente da sole, ma usa anche la chiusura delle porte di Pesach figurativamente per definire una situazione in cui ci sono tutti. Le porte si chiudono per il Pesach in maniera che non entrino tutti assieme in una sola volta, perché la Torà ha comandato che ci devono essere tre gruppi separati. Si chiudono le porte per tenere tutti dentro e non far entrare oltre. Anche la sera del Seder d'Egitto le porte delle case si sono chiuse per mantenere dentro il nucleo e lasciare fuori il Distruttore. In maniera straordinaria quella stessa porta viene aperta per il Profeta Elia - di cui parla l'ultima strofa di El Norà Alilà - annunciatore della redenzione.

Il Capretto ed El Norà Alilà nascondono allora un tesoro di significati nascosti che legano Pesach e Kippur, nella loro diversità, come momenti chiave nel nostro continuo percorso al servizio del Signore. Dobbiamo essere grati ai nostri Padri che insegnandoci a cantarli - con la stessa musica - ci hanno lasciato un tesoro da scoprire.

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