Pagine

domenica 15 marzo 2009

Basta e Avanza

Nella Parashà di Vajakel che leggeremo a D. piacendo questo Shabbat, la Torà ci narra della realizzazione del progetto del Santuario così come era stato esposto nelle precedenti Parashot. 

La dedizione del popolo è incredibile ed infatti ben presto i chachamim, quei saggi esperti nelle diverse arti che erano stati incaricati della realizzazione, comunicano a Moshè che quanto il popolo sta portando è ben più di quanto serve. Moshè ordina di interrompere le donazioni. La Torà aggiunge che quanto avevano portato era sufficiente ed avanzava. 

Lo Sfat Emet, il Rebbe di Gur, si chiede come mai la Torà si dilunghi così tanto su questo particolare apparentemente secondario. Spiega lo Sfat Emet che in questi versi si racchiude un importante lezione circa il mondo in cui ci si deve adoperare nel servizio Divino. 

Il metro in base al quale veniamo giudicati non è mai un metro quantitativo. Quello che conta è la genuinità del nostro operato. Che le nostre azioni siano 'leshem Shamaim' - per fini Celesti - assolutamente scollegate da ogni valutazione o elemento esterno alla mizvà stessa. Spiega allora lo Sfat Emet che il timore dei chachamim era che il popolo avesse ecceduto portando troppo relativamente al proprio livello - ossia che avesse superato la propria misura di leshem Shamaim e che l'eccedenza derivasse, anche, da sentimenti estranei alla mizvà.

Ma come facevano a saperlo i chachamim? Insegna il Rabbì di Gur che proprio per questo erano stati scelti. La loro capacità di interpretare la costruzione del Mishkan come proseguimento dell'opera della Creazione è la chiave per capire il loro ruolo. La loro saggezza era proprio nel comprendere il peso di ogni dettaglio del Santuario ed i suo posto nel grande progetto Divino. 

E' fisiologico, spiega lo Sfat Emet a nome del Baal Shem Tov, che nel completare una azione positiva l'uomo si insuperbisca. Per questo è necessario sempre fare un passo indietro ricordandosi 'dinanzi a chi tu sei'. Basta questo per fare il tikun - aggiustare - dell'azione stessa.

Era questo che volevano i Chachamim e Moshè. Questa marcia indietro, questo fermarsi e controllare se veramente il cento per cento di quello che sto facendo è leshem Shamaim  o se ho altre motivazioni è un passo fondamentale nel continuo processo di crescita spirituale.

L'Or HaChaim HaKadosh, commentando il fatto che le offerte erano sufficienti e avanzavano, termini curiosamente contraddittori, spiega che per ricompensa per la genuinità di queste, miracolosamente Iddio trovò per loro un impiego così che tutto potesse essere utilizzato.  Lo Sfat Emet concilia questa visione dicendo che è proprio l'operazione di 'retromarcia' che assicura che tutto quanto offerto fosse nella completezza spirituale, senza ingerenze esterne. 

Secondo il Midrash Iddio ha detto 'basta', alla creazione che si espandeva. Il Nome Shadai, viene appunto letto come descrittivo del fatto che l'Onnipotenza Divina è proprio nella (auto) limitazione della propria opera. Shadai - Sheamar dai - che ha detto: 'basta!'. Dunque quanto avviene per la costruzione del Santuario è speculare a quanto avvenuto per la creazione. E così possiamo capire anche il profondo legame con lo Shabbat che viene ricordato all'inizio della Parashà.

Il nonno dello Sfat Emet, il Chidushè HaRim, così interpreta il verso del Cantico dei Cantici (VII,2).

"Come sono belli i tuoi passi nei sandali, figlia di un generoso!"

Secondo il Talmud (TB Succà 49b) il generoso è Avraham che è così chiamato nei Salmi (47,10) mentre i passi nei sandali sono secondo Rashì i passi di Israele che si reca in pellegrinaggio a Gerusalemme in occasione delle tre feste in ottemperanza al precetto della Torà. 

Dice allora il Chidushè HaRim che la nedivut harazon, la genrosità della volontà, ha bisogno di un minal. Di una calzatura, ossia di una protezione ed una limitazione in modo che non si estenda oltre la giusta misura determinata dal genuino ottemperamento della Volontà Divina. 

[Abbiamo approfondito il rapporto tra questa limitazione della bontà ed Avraham nella derashà di Vajerà del 5763 http://digilander.libero.it/parasha/archivio%2063/6304.htm ]

Così anche conclude lo Sfat Emet, la Mishnà nel trattato di Shekalim ci dice che il primo di Adar si ricordano i precetti legati ai Sicli ma anche i Kilaim, le mescolanze proibite. Proprio nel momento dell'anno in cui veniamo chiamati a dare per il Santuario dobbiamo fare attenzione che nelle nostre intenzioni non si mescolino elementi estranei. 

Questi concetti sono allora particolarmente validi in questo periodo dell'anno in cui ci prepariamo alla grande festa di Pesach. Sono e saranno giornate intense nelle quali è molto importante ricordarsi e ricordare concetti come lo shalom bait , la calma e la pazienza. E' vero, per Pesach si va oltre ogni normale criterio di rigore. Questo va anche bene ma si deve fare attenzione a che ogni nostro rigore sia effettivamente leshem Shamaim. 

Come si fa a sapere? Come ha fatto Moshè e come ha fatto Iddio stesso. Ci si ferma, si fa un passo indietro ed un esame di coscienza. E' nei buchi e nelle crepe dell'anima in primo luogo che 'la sera del 14 [di Nissan] si cerca il chamez alla luce di una candela'. 

Nessun commento:

Posta un commento