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domenica 8 marzo 2009

Purim ed il toro del canaaneo

'Un toro di un ebreo che cozza contro il toro di un canaaneo, è esente [dal pagamento]. Un toro di un canaaneo che cozza contro il toro di un ebreo, sia che sia incensurato che recidivo, paga il danno intero' (Bavà Kammà 37b)

In questo periodo il ciclo del Daf HaYomì sta affrontando il trattato di Bavà Kammà, la prima delle tre parti del mega-trattato di Nezikin - il trattato dei danni.

La mishnà che abbiamo qui portato si occupa del danno che un toro di un ebreo fa nei confronti di un toro di un canaaneo e viceversa. La disparità nel trattamento mette immediatamente in crisi la coerenza di questo insegnamento con i versi-fonte sui quali si basa tutta l'impalcatura del trattato. I Maestri concludono quasi da subito che questo caso specifico esula dalla normale logica dei danni ed è una sanzione - una multa - con la quale Iddio ha punito le genti. 

Ma perché questa punizione?

  • Rabbì Abbau cita un verso del Profeta Habbakuk (III,6) e lo interpreta dicendo che i figli di Noach hanno preso su di loro l'impegno di osservare le sette leggi di Noach, ma hanno trasgredito questo impegno. Iddio li ha allora sanzionati con la regola in questione.
  • Rabbì Jochannan chiama invece in causa un verso della Torà (Deuteronomio XXXIII,2) per dire che le genti sono state sanzionate per non aver voluto accetare la Torà, che gli era stata offerta prima ancora che ad Israele.
Il verso di Rabbì Abbau viene però interpretato (anche) in altre due maniere:

  • Per Rav Matenà il verso intende che per non aver osservato le sette leggi, le genti vengono sanzionate con l'esilio e porta alcuni esempi di popoli che hanno perso la loro terra.
  • Rav Josef intende invece che visto che non hanno adempiuto al loro dovere, Iddio gli ha levato le sette leggi. Ossia non ne sono più vincolati.
Il Talmud affronta allora la delicata questione di come ciò sia possibile. Uno non adempie alla regola e la regola decade? Conviene non rispettare? La soluzione proposta è che anche se adempiono non ricevono più la loro ricompensa. Ma anche questo non può essere, perché sappiamo da un insegnamento di Rabbì Meir su Levitico XVIII,5 che un gentile che si occupa di Torà (ossia dei suoi precetti di Ben Noach per il Meiri) è paragonabile al Sommo Sacerdote.

Il Talmud risponde che sarà pure come il Sommo Sacerdote (avrà ricompensa) ma non puoi paragonare uno che è ordinato e fa ad uno che non è ordinato e fa. E' questo un importantissimo principio riportato a nome di Rabbì Chaninà per il quale è superiore colui che ha l'obbligo di una mizvà e la adempie a colui che la fa senza avere l'obbligo. 

In questo intreccio straordinario le fonti che supportano questa particolare sanzione nei confronti dei gentili toccano due punti fondamentali: l'accettazione della Torà e l'accettazione delle sette leggi. L'opinione di Rabbì Jochannan, per il quale la sanzione è legata al non aver accettato la Torà sopravvive al fuoco incrociato che in qualche modo ridimensiona invece l'opinione di Rabbì Abbau. La domanda è allora se i gentili non adempiendo alle loro mizovt abbiano 
  • perso la loro terra
  • perso le sette mizvot stesse (o almeno il rapporto di obbligatorietà con esse)
  • ricevuto la sanzione del toro del canaaneo che cozza contro il toro di un ebreo.
In questo interessante meccanismo, nel quale evidentemente non c'è una risposta univoca, i Saggi concordano sul fatto che la sanzione del toro del canaaneo è legata alla accettazione della Torà (o delle leggi dei noachidi). Questa discriminante tra Israele e le genti, l'aver accettato la Torà, viene tradotta allora in una curiosa discriminante, una multa.

Quando nel Talmud un argomento va capito fino in fondo i Maestri lasciano la teoria e passano alla pratica.

"Hanno insegnato i Maestri: E già è successo che il regno di Roma ha inviato due funzionari ai Saggi d'Israele [dicendo]: 'Insegnateci la vostra Torà'. Hanno letto, ripetuto e poi ancora una terza volta. Nel momento di accomiatarsi hanno detto loro: 'Abbiamo attentamente [studiato] la vostra Torà, ed è verità; tranne che questa cosa che voi dite che il toro di un ebreo che cozza contro il toro di un canaaneo è esente ed toro di un canaaneo che cozza contro il toro di un ebreo sia che sia incensurato che recidivo, paga il danno intero. Perché se si deve intendere 'del suo compagno', esattamente, allora anche se [il toro] del canaaneo che cozza contro quello dell'ebreo deve essere esente. E se si deve intendere 'del suo compagno', in senso lato, anche il [toro] dell'ebreo che cozza contro quello del canaaneo deve pagare. Ma questa cosa noi non la comunicheremo alle autorità...'"
Le Tosafot si chiedono come sia possibilie che i Saggi d'Israele avessero acconsentito ad insegnare Torà a due gentili, cosa proibita. Spiegano le Tosafot che da una parte c'era paura di ritorsioni (erano pur sempre ambasciatori ufficiali di Roma) ed al contempo questi si erano presentati con la dichiarata volontà di convertirsi, caso in cui si deve insegnare. 

Lo Jerushalmi in loco dà ancora maggior colore agli eventi, dicendo che i romani si presentarono da Rabban Gamliel il quale si diede anche da fare per limitare  altre incongruenze che trovarono - ma non la questione del toro. Nella versione dello Jerushalmi i due romani dimenticano tutto non appena usciti dal confine con il libano nei pressi di Tiro. Un forte richiamo alla distinzione tra Erez Israel e gli altri luoghi.

Nel racconto che ci porta la Ghmarà, troviamo allora gli stessi ingredienti della discussione precedente. I due romani si vogliono convertire veramente? Sono pronti davvero ad accettare la Torà? Alla fine evidentemente no. Forse la cosa straordinaria è proprio questa. Un convertito che accetta tutta la Torà, tranne la più piccola delle sanzioni rabbiniche non viene convertito. Israele ha invece detto 'faremo ed ascolteremo.'

La sanzione del toro del canaaneo diventa allora il simbolo del fatto che non c'è accettazione parziale della Torà. Che esiste una profonda differenza tra colui che è comandato e colui che non lo è. E che quella che apparentemente è una regola discriminatoria nasconde in realtà un mondo intero.

Purim è anche la festa della accettazione volontaria della Torà.

E' il momento in cui decade la tesi della minaccia sotto la quale abbiamo accettato la Torà sul Sinai ed Israele accetta volontariamente tutta la Torà - comprese le decisioni rabbiniche. 

E' forse più di ogni altra occasione il momento in cui vale la pena riflettere sulla responsabilità che questa accettazione comporta e sulla netta distinzione che crea tra coloro che sono comandati e coloro che non lo sono. 


1 commento:

  1. Splendida analisi! Grazie! Mi chiedo, a tal proposito, se possa esserci un nesso tra Noah,il quale era un "uomo giusto per la sua generazione" ma che, forse, non era riuscito nei 120 anni di preparazione dell'arca a salvare la sua stessa generazione, ma solo sè stesso e famiglia, e Moshè, leader di un popolo e che ha dato invece tutta la sua vita per la salvezza della nazione Israeliana, nonostante i momenti di debolezza dimostrati dal popolo che lo seguiva.La completezza contrapposta all'incompletezza...
    Un caro saluto, Roberto

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